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Robert Gligorov (Macedonia, 1960) utilizza il video, la fotografia, l’installazione e la pittura piegandoli alle esigenze di una ricerca che sempre si misura con i limiti e le ambiguità della rappresentazione, e attraverso questi strumenti conduce un’indagine sistematica e meticolosa sulla relazione tra immagine e artificio e sull’impatto culturale e il potere che l’iconografia ha sulla coscienza umana. Ha tenuto mostre personali nelle principali città europee come Parigi, Berlino, Madrid, Milano e Roma e Venezia. Le sue opere sono presenti nelle maggiori collezioni pubbliche e private. Gligorov, dopo un lungo studio di disegno e pittura, è arrivato alla conclusione che un media ideale per lui non esiste. I suoi due punti fermi sono: che l’opera non sembri un’opera d’arte (intesa in senso tradizionale) e il secondo, quello più importante, è di non avere una cifra stilistica e non riconoscere le sue opere per un’ossessiva ripetizione di un modulo, ma che lo stile sia la forza e l’efficacia penetrativa della singola opera da scollegare a qualsiasi sua passata o futura produzione.

Robert Gligorov (Macedonia, 1960) makes use of video, photography, installations and painting bending them to the needs of a research that always challenges itself with the limits and ambiguities of the representation, and through these instruments he performs a systematic and meticulous survey on the relationship between image and artifice and on the cultural impact and the power that iconography produces on human conscience. He held various personal exhibitions in the main European capitals like Paris, Berlin, Madrid, Milan,Rome and Venice. His works are displayed in the major public and private collections. After a long study on drawing and painting, Gligorov has reached the conclusion that for him an ideal medium doesn’t exist. His two fundamental points are: firstly, that the work doesn’t look like an artwork (understood in the traditional sense) and secondly, the most important issue is not to have a signature style and not to recognise his works by an obsessive repetition of a module, but style has to be the strenght and the penetrative efficacy of the single work, being disconnected from whichever of its past or future productions.